ROMA – “La società ha smarrito l’amore. Tutti lo cercano, ma nessuno si pone le domande su cosa sia. In amore ci si lascia andare e invece, in questo tempo storico, si tende a controllare tutto. Questa è una società che ha paura, che consuma l’amore e non lo genera più”. Una fotografia cupa quella che racconta all’agenzia Dire la filosofa Michela Marzano, docente di filosofia morale all’Università di Parigi Renè Descartes, la quale, con la sua lezione dedicata al ‘generare amore’, lancia una sfida per il futuro. Sarà lei ad aprire la XIV edizione del Festival itinerante ‘Filosofi lungo l’Oglio’ che sarà dedicato al tema del ‘generare’ e coinvolgerà le province di Brescia, Bergamo e Cremona da domani, 4 giugno, fino al 21 luglio. Tra gli ospiti attesi Enzo Bianchi, Emanuele Severino, Haim Baharier, Marc Augé, Umberto Galimberti, Ilvo Diamanti, Salvatore Natoli, Roberto Burioni, Vincenzo Paglia, Silvia Vegetti Finzi, Francesca Rigotti e Maria Rita Parsi.
Michela Marzano spiegherà il legame tra amore e riconoscimento. “Se vogliamo creare amore, generarlo e aprirci all’altro, dobbiamo capire cosa c’è dietro. Non c’è amore senza riconoscimento- spiega la filosofa- e riconoscimento significa accettazione dell’altro per ciò che è, indipendentemente dalle nostre aspettative. Un processo che è anche un autoriconoscimento, una consapevolezza di se stessi e dei propri limiti. Accettare gli altri con le loro differenze, mancanze, con tutte le fatiche non è un’accettazione cognitiva”.
Michela Marzano con questa lezione sfida la società attuale sull’agenda politica. “Questa ormai è una società contraria all’inclusivo, chiusa, tendente alla perfezione, alla performance“. Amare vuol dire riconoscere: “La distanza tra essere e dover essere, quello che non si è piu’ – magari dopo una malattia – quello che si è diventati con tutte le fragilità, i limiti e le trasformazioni. L’amore va al di là delle qualità e delle caratteristiche”. Un amore soprannaturale? No, secondo la filosofa “è un amore proprio dell’umano e di tutti i suoi limiti, solo che non parliamo di un riconoscimento cognitivo” tanto da rendere possibile che “anche quando siamo cambiati possiamo continuare ad amarci”.
Una società che non sa amare più tende a confondere l’amore con l’attesa del risultato e il legame con il possesso. “Quell’amore malato – che porta tante donne a diventare vittime di violenza – è la dimostrazione plastica dell’assenza di amore. Non bisognerebbe nemmeno chiamarlo amore malato, ma assenza di amore che ci fa ammalare”. Lo stesso accade spesso nei rapporti tra genitori e figli. “Si tende a pensare al figlio come ad un oggetto nostro e lo si carica di aspettative”.
Differenze, debolezze, fragilità: questo è il ritratto dell’amore, inclusivo e capace di riconoscere. “Se pretendo che l’altro sia quello che io mi aspetto, non accetto che non lo sia più e lo colpevolizzerò. L’elogio dell’amore e l’elogio del meno- dice Marzano- vanno di pari passo”. Come fa a vincere un amore così? “C’è molto lavoro da fare- ammette- e bisogna cominciare dall’educazione e dall’insegnamento dell’amore con i più piccoli“. Per questo dice Marzano: “Il mio gesto politico più forte l’ho fatto alla fine della 17a legislatura, quando sono tornata all’insegnamento universitario”.