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Martedì, 17 Luglio 2018 23:19

«Opporsi allo straniero è opporsi a noi stessi»

Umberto Curi a Erbusco Umberto Curi a Erbusco

ERBUSCO. Nel teatro comunale di Erbusco il Festival Filosofi lungo l’Oglio, ieri sera, è entrato nel porto della premiazione, dell’abbraccio culturale al vincitore della VII Edizione del Premio internazionale di Filosofia «Un libro per il presente».

La giuria presieduta da Francesca Rigotti ha assegnato il riconoscimento al prof. Umberto Curi, storico della filosofia. Le motivazioni sono state espresse dalla stessa Rigotti dopo l’introduzione ricca di spunti etici e di cultura filosofico-politica di Francesca Nodari (che guida la Fondazione promotrice): «Umberto Curi fa leva sull’esplorazione ambivalente, di offerta e di paura. Un’ambivalenza tipica dello straniero che pone il problema dell’accoglienza e dell’ospitalità... Il valore dello straniero è polivalente».

Insomma, va recuperata la tradizione millenaria del rapporto tra la polis mutante nel tempo e chi viene da lontano. Il prof. Umberto Curi ha esposto il senso profondo del suo saggio «Straniero» edito da Cortina: «Il libro nasce da un lato per la natura attualissima di questo tema intorno allo straniero, dal punto di vista sia sociale sia politico, e dall’altro sotto il profilo più strettamente teorico-filosofico.

Lo stimolo ad approfondire questo problema mi è venuto dalla constatazione di un dibattito sulla questione dello straniero davvero sconfortante, perché il tutto si riduce a una sorta di sterile balbettio in una contrapposizione tra due slogan: o il respingimento o l’accoglienza senza specificazioni». Basterebbe, sul piano politico e morale, ricercare una sintesi che, in assenza di pregiudizio e di stupidità, viene avanti da sé. Si alzerebbe subito la ricerca delle soluzioni, il ristabilimento di atteggiamenti non conflittuali e non demagogici.

Il prof. Curi analizza la storia dell’accoglienza, il rapporto delle civiltà con lo straniero: «Le origini della tradizione culturale dell’Occidente portano riflessioni approfondite riguardanti la figura enigmatica e sfuggente dello straniero. In particolare si è perduto il riferimento alla vera e propria fondamentale categoria politica che troviamo in tutto il mondo antico: si definiva Xenia ed era una serie di regole che imponeva ospitalità e amicizia per lo straniero, qualunque fosse la situazione in cui si trovasse. Ho esplorato alcuni capolavori dell’età di Pericle: al centro vi è il rispetto inflessibile dell’ospitalità, improntata a principi di grande civiltà. Si è andata perdendo nei secoli fino all’attitudine oggi prevalente che è il rifiuto, talora emotivo, del rapporto con la figura dell’altro che è lo straniero».

Il prof. Curi invita a ricordare quanto detto dal prof. Jacques Derrida sui due dati dell’ospitalità e dell’accoglienza, che vanno distinti, per cui l’ospitalità è incondizionata mentre l’accoglienza va determinata nel contesto storico in cui accade. Oggi, riprende Umberto Curi, la distinzione tra ospitalità e accoglienza si è offuscata ed è venuta meno l’attitudine all’ospitalità. Nel mondo antico l’ospite veniva accolto con un dono per la ragione che portava in dono se stesso, una novità umana e culturale. Siamo lontanissimi da quel modo di pensare lo straniero. «Di solito si parla di migranti economici con un tono critico, come se - analizza il relatore - la ricerca di una migliore condizione economica dovesse essere dichiarata disdicevole in una società come la nostra che esige crescite quantitative. È una profonda contraddizione».

«Lo straniero abita dentro di noi» è la conclusione del prof. Curi: «Ognuno di noi è insieme il sé e l’altro da sé. Lo straniero, ancora prima di bussare alla nostra porta, abita dentro di noi. Dunque opporsi allo straniero è opporsi a noi stessi».



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