L’altra bellezza è la clarensità ospitante della «prima», l’altra sera, nel giardino quadriportico della Biblioteca Fausto Sabeo con quattro magnolie giganti a dare il foglio di via alle primizie dell’afa padana.
Perlomeno paradossale, nel senso del puro paradosso, cioè proprio per una cura portentosa della critica verso chi non accoglie il migrante, costi quel che costi, è stata la lezione della professoressa di filosofia teoretica, Donatella Di Cesare, devota alla lezione, «Coabitare con gli altri, La sfida del terzo millennio». Centrato il titolo, subito, poiché la questione chiave del tredicesimo Festival è appunto il Condividere, venuto armonicamente dopo il Toccare.
Accusa. La professoressa Di Cesare lancia l’appello: il diritto super omnia del terzo millennio è l’accoglienza del migrante e tutti si alzino in piedi e ci mettano del loro. La prof. mette sotto accusa l’idea di uno Stato, quello attuale, fondato su un diritto alla chiusura per la difesa di un’identità coagulata intorno alla proprietà. Ciao Marx, come va? Siccome, dice
la Di Cesare, ognuno ha una parte del territorio, ognuno si sente padrone in quota proporzionale dello Stato. Si avrebbe voglia di consigliare subito, a chi
la pensa come la prof. di devolvere i beni padronali personali al migrante, consentendogli di fare parte dello Stato proprietario. La prof. Di Cesare trova il punto di contraddizione dello Stato-Nazione dei nostri giorni: l’egemonia del diritto del cittadino sul diritto umano.
Nella sostanza quotidiana del concreto, domandiamo, che differenza esiste tra il diritto del cittadino e il diritto umano: non è umano il nostro diritto italiano-europeo? La relatrice ascolta la limpida introduzione dell’assessore Capitanio, quando afferma di un tempo difficile nostro e di una necessità di sedersi, di ascoltarsi, di tenderci a darsi, e sostiene che... «Condividere è Coabitare, che esiste uno scontro frontale tra Stato e Migranti e che lo Stato non esisterebbe, (sic), se non discriminasse. Lo Stato indica lo stare, la sedentarietà...».
Pardon, prof, e quando il migrante riceve ospitalità, cittadinanza come è accaduto per centinaia di migliaia in questi ultimi trent’anni in Italia, cosa accade, non diventa stanziale anche il migrante? Non è la sedentarietà, la stanzialità, pure un diritto a stabilizzare la vena della nostra esistenza? Comunque, la prof. Di Cesare ragiona diritta e a testa alta e ha dalla sua la forza di prendere il proprio pensiero e di portarlo fino al limite del confine. E quando è al confine, sostiene, «che l’abbattimento dei confini è un’astrazione », non risolve la questione del condividere con il migrante una parte di vita. Perfino Kant, aggiunge, nel suo «Saggio per la pace perpetua», era per una limitata accoglienza, un sì a un migrante turista, vacanziero...
Quindi ragiona sulla necessità di una riflessione sul Coabitare, abolendo lo Stato-Nazione, considerandolo alla fine del suo cammino, perché non è naturale. Via, è un auspicio che si schianta, perfino, sul fronte dell’eversione cristiana. Almeno, laggiù, chi era di Cesare rimaneva di Cesare. Infine: ce ne vorrebbero di queste provocazioni, aggiungono vento e tengono allerta.