Il Festival ha scandagliato il valore della Gratuità in tempi, come i nostri, in cui si aspira alla costituzione di coralità umane di altruità. Ecco il volontariato del fare, il tempo del pensiero, il richiamo alla necessità della relazione umana, in ogni sua forma, la dimostrazione di una coerenza altrimenti cresce lo spaesamento: come, io, noi predichiamo la Gratuità e poi, noi stessi, non siamo esempi di Gratuità?
Alla fonte dei Profeti. Il cardinale Coccopalmerio quasi rimprovera i cattolici di leggere troppo poco le Sacre Scritture, di non dissetarsi alla fonte dei Profeti. Quando Gesù parla dell'amore di Dio ascolta il canto delle Profezie. Cita, a più riprese, Isaia. Dio ama la creatura, ha bisogno di lei in una reciprocità strepitosa, al limite di un ribaltamento tra causa ed effetto, tra il creatore e il suo impasto. L'uomo, dice Isaia, è la necessità di Dio. Ogni tanto, in tempi di disoccupazione umana, pensi a un Dio disoccupato in assenza della sua creatura e dei suoi errori. Perciò, la Gratuità diviene alimento a questa necessità
di Dio per l'uomo e dell'uomo per Dio. La Gratuità è la Croce e il Pane, il movente del sacrificio e l'alimento perché il patto sia eterno, di qua e di là dalla vita. Dio, riflette il cardinale Coccopalmerio, è il genitore per eccellenza, il padre e la madre della persona, segue il viaggio della creatura e quando la trova disorientata la riporta a casa, come nel caso del Figliol Prodigo. Il quale non è il maggiore fortunato della parabola, anzi, è il mezzo per far sì che il padre abbia il godimento della salvezza del figlio. È banale la lezione per cui il Figliol Prodigo sarebbe il coccolato. «Ti credevo morto dice il padre in- vece sei salvo...». Il Cardinale invita a distinguere due modalità in cui si manifesta l'amore, l'amore di benevolenza (elemosina, sostegno episodico) e l'amore maggiore di sussistenza in cui Dio invita la persona a manifestare l'amore per la necessità di vivere. «Alla fine dei giorni consola il cardinale Coccopalmerio sarebbe un problema di Dio se non fossimo con lui dopo la morte». Francesca Nodari sollecita il relatore, apre il dibattito e la conclusione del cardinale è nettamente coraggiosa, traccia il diagramma della misericordia cattolica, più alta e popolare poi- ché aiuta il popolo, gli è accanto rispetto a quella mussulmana. «Il Dio cristiano è un Dio che si compromette con l'uomo sottolinea Coccopalmerio e quando l'Islam capirà questa compro missione del Dio cristiano, allora imploderà. Il Dio dei maomettani è distante dall'uomo, non si compromette con l'uomo, è un Dio che non ha la compassione di Dio con le proprie creature». Questo ultimo pensiero non è sfida, è conoscenza d'identità, incoraggiamento a sfogliare i Profeti, a fare i conti con una nostra solitudine. Che diverrà inesistente, si cancellerà, forse anche presto. Altrimenti si manifesterebbe la solitudine di Dio, a fronte della quale ogni creatura proverebbe il grande disorientamento, un preludio tormentato, universale e finale. Il nemico di noi creature non è la fine del mondo, (anche la stessa morte), che ti pugnala alle spalle, quando non abbiamo nessuno vicino a noi? Né Dio né un nostro fratello?