Mutuando dal Festival estivo il format consolidato di una rassegna itinerante, questa prima edizione ha riscontrato un interesse e un’attenzione costanti, una partecipazione che non ha mai segnato il passo nonostante le condizioni atmosferiche avverse e le distanze che separano un luogo di incontro dall’altro: da Castrezzato a Villachiara, da Travagliato a Ostiano, da Corzano a Brescia fino a Orzinuovi. Uno sforzo non indifferente e che fa da preambolo alla fatica del pensiero che si unisce ad un manifesto bisogno di comprendere, di capire, di interrogarsi su questa cesura della storia che si chiama Shoà.
Riprendendo sinteticamente i primi cinque incontri ci si rende da subito conto della complessità dell’argomento e della necessaria problematizzazione che esso esige e richiama. Trova altresì conferma il fatto che il relegare ad una mera celebrazione la riflessione sull’Olocausto rischi di confinare la memoria di questo giorno ad una mera consuetudine, ad una cerimonia ove il pericolo del «finta di niente» dal giorno seguente in poi sia molto alto.
Così, idealmente, possiamo senz’altro dire che nel titolo di ciascun intervento sia racchiuso un volto della memoria con l’obiettivo – pienamente raggiunto dai relatori che si sono, sin’ora, succeduti – di affrontare la cosa stessa da punti di vista poliedrici, capaci di cogliere ciascuno la peculiarità che connota ogni tessera – sia concessa la metafora – dell’enigmatico mosaico della Shoà. Dalla memoria del bene di Gabriele Nissim – saggista, giornalista, Presidente del Comitato per la Foresta dei Giusti – ove a partire dalla “bontà dell’uomo per l’altro uomo”, per richiamare Vita e destino di Vasilij Grossman, si è riflettuto sul segreto degli uomini giusti: «hanno agito in un certo modo perché, come insegnava Socrate,volevano sentirsi meglio con se stessi» all’era della postmemoria, dell’autorevole storico sociale delle idee, David Bidussa. Lo studioso, si è soffermato sul vero significato che nella nostra contemporaneità è chiamato ad assumere il giorno della memoria. Significato che deve far leva non soltanto sul recupero dell’oblio di ciò che è stato come se si stesse assolvendo al compito di «saperne di più», ma sul disagio che non può non provocare la memoria dopo l’ultimo testimone, essendo disposti a fare in fondo i conti con tutto il nostro passato per un presente migliore.
E ancora dalla memorabile lezione-testimonianza di Rav Laras – eminente figura dell’ebraismo italiano, Rabbino capo di Ancona, Presidente emerito dell’Assemblea Rabbinica Italiana, «Ambrogino d’oro» nonché Presidente della Fondazione Maimonide – che ha saputo condensare in una felice espressione il comandamento della memoria: «ricordare per ricostruire», a partire dal ricordo indelebile del 2 ottobre ’44, in cui «due figuri» – così Laras chiama i fascisti che invasero quel giorno la sua abitazione – si portarono via per sempre le due donne della sua famiglia, lasciandolo libero per venti mila lire e trenta pacchetti di sigarette che sua madre porse loro per risparmiarlo; a Massimo Giuliani – docente di Ermeneutica filosofica e di Studi ebraici all’Università di Trento – che ha affrontato la complessità che sottende la filosofia della storia sull’Olocausto, sostando, in particolare, tra la riflessione fackhneimiana, ove cambia la precomprensione filosofica nei confronti del male: la resistenza al male come risposta al male nel segno di una riparazione del mondo dopo la Shoà e il pensiero di Tzvetan Todorov teso, per citare uno dei suoi saggi più conosciuti, tra Memoria del male e tentazione del bene fino alla riflessione magistrale di Paolo De Benedetti – considerato uno dei più originali studiosi contemporanei dell’ebraismo, grande teologo e biblista, a lungo docente di Giudaismo presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale e di Antico testamento presso gli Istituti di Scienze Religiose dell’Università di Urbino e di Trento – che, a partire dalla sua illuminante elaborazione di una teologia del debito che si estende a tutte le creature, finanche al filo d’erba, ha concentrato la sua attenzione sulla memoria che Dio ha dell’uomo e che l’uomo ha di Dio. Facendo notare che la Bibbia prescrive il ricordo e che il verbo zakhar (ricordare) vi ricorre almeno 169 volte, ha sottolineato la centralità del nome e della sua durata nella tradizione ebraica – mentre in ebraico storia si dice toledot, ovvero la si intende come una sequenza di generazioni; il concetto greco-latino di historia ha a che fare con l’indagare – e come questi sia l’essenza stessa del ricordo. E se ciascun nome è un racconto «che dobbiamo sperare venga accolto da Dio» – Giobbe non dice forse: «ricordati che la mia vita è un vento» (Gb, 7, 7)? – allo stesso modo occorre che l’uomo non si dimentichi il nome di Dio. Di qui la funzione fondamentale dei 613 precetti ebraici che hanno il compito di farci ricordare di Dio nel quotidiano e di ricordare a Dio che abbiamo fede in lui «al punto da poter affermare che l’uomo – ha chiarito De Benedetti –è la possibilità, se così si può dire, di far cambiare idea a Dio, proprio come avvenne con la preghiera di Mosé, subito dopo l’episodio del vitello d’oro. Dio accoglie la preghiera di ricordarsi dei patriarchi e cambia idea (Es 32, 11-14)».
Come dire: l’impressione che matura ripercorrendo questi contributi è la consapevolezza di trovarsi dinnanzi a parole di Maestri che con onestà intellettuale, capacità comunicativa, profonda competenza e un tratto umano che fa vibrare le corde dell’anima di ognuno, si inscrivono, di fatto, in quella lunga catena della ricezione che arriva fino a noi. Un esempio pratico di Torà orale. Torà orale della memoria.
NATOLI E LUZZATTO CHIUDONO LA PRIMA EDIZIONE DI FARE MEMORIA
«Ecco qui la mia firma! L’Onnipotente mi risponda».
(Gb 31, 35)
«Molta sapienza, molto affanno
chi accresce il sapere, aumenta il dolore».
(Qo 1, 18)
A concludere questa articolata disamina sul fare memoria e sul suo uso, sono attesi gli interventi di Salvatore Natoli – ordinario di Filosofia teoretica all’Università Milano-Bicocca – su la Memoria di Giobbe, in calendario venerdì 24 febbraio, ore 20.45, presso l’auditorium San Barnaba, sito in c.so Magenta 44/A a Brescia e di Amos Luzzatto che chiuderà il ciclo giovedì 1 marzo, stessa ora, nella Chiesa S. Maria Assunta in Piazza Vittorio Emanuele a Orzinuovi,con una lectio dal titolo: La vanità della memoria. Modererà l’incontro l’inviato speciale del «Giornale di Brescia», Tonino Zana. Due lezioni che sostando tra la sofferenza incolpevole di Giobbe, «che ama Dio senza nulla in cambio», fidandosi e affidandosi e sul labile confine che intercorre tra memoria e ricordo, sulle loro analogie e differenze, sul rischio sempre possibile dell’oblio nonché sul ruolo principe che gioca la volontà nell’amministrare la memoria, tornano a riflettere su due testi celeberrimi della Bibbia: il Libro di Giobbe e il Qohelet.
CHI È SALVATORE NATOLI
Conosciuto come il filosofo dello stare al mondo, Salvatore Natoli si è laureato presso l’Università Cattolica di Milano, in Storia della Filosofia. Già docente di Logica presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Venezia e di Filosofia della Politica presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Milano, Natoli insegna, attual¬mente, Filosofia Teoretica all’Università degli Studi Milano Bicocca. Natoli, che annovera tra i suoi ma¬estri Emanuele Severino, Gustavo Bontadini e Italo Mancini, si distingue nel panorama filosofico ita¬liano e internazionale, per la sua indagine incessante sullo stare al mondo, in serrato dibattito e confronto con il Cristianesimo, approdando ad una nozione di etica del tutto singolare e radicata nell’ontologia, prima che nella deontologia. I suoi libri sono diven¬tati dei classici. Tra le sue opere ricordiamo: Soggetto e fonda¬mento. Studi su Aristotele e Cartesio, Antenore, Padova 1979; Ermeneutica e genealogia. Filosofia e metodo in Nietzsche, Heidegger, Foucault, Feltri¬nelli, Milano 1981; L’esperienza del dolore. Le forme del patire nella cultura occidentale, Feltrinelli, Mi¬lano 1986; Giovanni Gentile filosofo europeo, Bollati Boringhieri, Torino 1989; Vita buona, vita felice. Scritti di etica e politica, Feltrinelli, Milano 1990; Te¬atro filosofico. Gli scenari del sapere tra linguaggio e storia, Feltrinelli, Milano 1991; La felicità. Saggio di teoria degli affetti, Feltrinelli, Milano 1994; I nuovi pagani. Neopaganesimo: una nuova etica per forzare le inerzie del tempo, Il Saggiatore, Milano 1995; Dizionario dei vizi e delle virtù, Feltrinelli, Milano 1996; Soggetto e fondamento. Il sapere dell’origine e la scientificità della filosofia, Mondadori, Milano 1996; La politica e il dolore, con Leonardo Verga, Edizioni Lavoro, Roma 1996; Dialogo su Leopardi. Natura, poesia e filosofia, con Antonio Prete, Mon¬dadori, Milano 1996; La politica e la virtù, Edizioni Lavoro, Roma 1999; Dio e il divino. Confronto con il cristianesimo, Morcelliana, Brescia 1999. Progresso e catastrofe. Dinamiche della modernità, Marinotti, Milano 1999; La felicità di questa vita. Esperienza del mondo e stagioni dell’esistenza, Mondadori, Milano 2000. Stare al mondo. Escursione nel tempo presente, Feltrinelli, Milano 2002; Libertà e destino nella tra¬gedia greca, Morcelliana, Brescia 2002; Il cristiane¬simo di un non credente, Qiqajon, Magnano (Bi) 2002; Parole della filosofia o dell’arte del meditare, Feltrinelli, Milano 2004; La verità in gioco. Scritti su Foucault, Feltrinelli, Milano 2005; Guida alla for¬mazione del carattere, Morcelliana, Brescia 2006; La salvezza senza fede, Feltrinelli, Milano 2007; La mia filosofia. Forme del mondo e saggezza del vivere, a cura di F. Nodari, ETS, Pisa 2007; Edipo e Giobbe. Contraddizione e paradosso, Morcelliana, Brescia 2008; Crollo del mondo, Morcelliana, Brescia 2009; Il buon uso del mondo. Agire nell’età del rischio, Mondadori, Milano 2010; L’edificazione di sé. Istru¬zioni sulla vita interiore, Laterza, Roma-Bari 2010; Non ti farai idolo né immagine (con P. Sequeri), il Mulino, Bologna 2011; Nietzsche e il teatro della fi¬losofia, Feltrinelli, Milano 2011.