22.000 le presenze registrate nei 25 incontri che si sono susseguiti nell’arco di 42 giorni. Una vera e propria maratona del pensiero che ha toccato 22 località. Da Roccafranca a Tavernole sul Mella, da Rudiano a Desenzano del Garda, spingendosi oltreconfine per arrivare a Soncino, il popolo dei filosofi ha percorso instancabilmente circa 800 chilometri per ascoltarei grandi Maestri del Pensiero Contemporaneo.
Filosofi, ma anche sociologi, psicologi ed economisti, antropologi e teologi che hanno riflettuto sul tema «Toccare» individuato dal comitato scientifico come filo conduttore della dodicesima edizione. «Mai come quest’anno si è registrato un così alto indice di gradimento da parte del pubblico e dei relatori rispetto al tema scelto - commenta Francesca Nodari, direttore scientifico della kermesse - che si sono passati il testimone, in una sorta di staffetta ideale, facendo spesso da preambolo l’uno all’altro». Una kermesse dal respiro internazionale, grazie alle lectio magistralis di Luce Irigaray, Marc Augé, Haim Baharier, tra le più apprezzate e partecipate insieme a quelle di Enzo Bianchi, Massimo Cacciari, Michela Marzano, Francesca Rigotti. Le tematiche trattate non sono state solo genuinamente filosofiche, ma anche di attualità, come nell'intervento del giudice Giuseppe Greco nella serata antimafia, che si è inserito nel solco tracciato lo scorso anno e che ha visto la partecipazione del Prefetto di Brescia Annunziato Vardè, del Presidente Commissione antimafia Lombardia Gianantonio Girelli, del vice-presidente commissione nazionale antimafia Luigi Gaetti. A testimonianza della bontà dell’offerta culturale, anche le numerose domande, nate in seno al dibattito col pubblico. Un pubblico eterogeneo, per provenienza e interessi, in cui si è registrata una significativa presenza di giovani.
Molto apprezzati anche gli eventi-cornice, la novità di quest’anno che ha fatto da punteggiatura tra una lectio magistralis e l’altra. Dalla performance “Toccare il Fuoco” alla camminata per scoprire la biodiversità con Fondazione Cogeme Onlus, dal percorso artistico a tema tra le opere della Collezione Paolo VI al jazz di Massimo Donà, passando per la pizzica. Veri e propri eventi nell’evento che hanno saputo amplificare la cifra stilistica di una manifestazione culturale cresciuta negli anni, che ha trovato il suo humus nella provincia italiana, e ha saputo distinguersi, fino a guadagnarsi la Medaglia del Presidente della Repubblica e il marchio europeo di qualità «Effe Label».
Ottima la risposta diTavernole, San Paolo, Rudiano, Botticino, Desenzano, i comuni che per la prima volta hanno ospitato il festival. «Anche laddove si è andati per la prima volta e non si aveva dunque il polso della risposta, il riscontro del pubblico è stato ottimo» - commenta il direttore.
E mentre si spengono le luci sull’edizione 2017, si fanno già avanti i comuni che desiderano entrare a far parte del circuito.
All’entusiasmo fisico, «toccato» con mano, è corrisposto quello virtuale, sul web. Più che raddoppiate le visite al sito www.filosofilungologlio.it (oltre 14.000) e il numero di utenti. Aumentata anche la percentuale dei visitatori fedeli (41,9%): quelli che sono tornati sul sito più volte e si sono soffermati per un tempo medio di 2 minuti. 12.200 gli utenti attivi su Facebook, 315.000 quelli raggiunti dalla pagina. 687.000 il numero di volte in cui i contenuti della pagina sono stati visualizzati.
La fame di condividere sui social la cultura è stata accolta come spunto dal comitato scientifico del festival, che – dopo «Toccare» – ha individuato la parola chiave della prossima XIII edizione in un altro infinito, capace di descrivere altrettanto bene le attitudini e i condizionamenti dell’homo digitalis: «Con-dividere».
IL TEMA DELLA XIII EDIZIONE: «CON-DIVIDERE»
In linea di continuità con il tema della dodicesima edizione, il Comitato scientifico del Festival Filosofi lungo l’Oglio, ha individuato in un altro verbo: con-dividere, il tema della tredicesima edizione del Festival.
Una scelta che intende prendere sul serio gli snodi nevralgici che sono emersi nel corso della kermesse: logorio del simbolico, tendenza all’individualismo e alla chiusura quasi autistica da parte del soggetto disorientato, complessità del nostro presente nel quale non si fatica ad intravedere l’evolversi di un processo di grande mutamento senza tuttavia poterne anticipare gli esiti ultimi, l’incessante incremento delle diseguaglianze, un senso diffuso di paura e di insicurezza, l’imperversare della tecnica e dell’uso dei mezzi di comunicazione che tradiscono una realtà altra da quella vissuta. Problematizzazioni queste che ci pare possano trovare una riflessione accurata allorché ci si interroga sulle chances che ci riserva il tema prescelto: si condividono, nel mondo del web 3.0, post su Facebook, mentre si fatica a trovare l’applicazione pratica e autentica quando ci trova dinnanzi all’altro in carne ed ossa: il prossimo, lo xénos, il diverso. Condividere chiama in causa la nozione di comunità, di ‘commūnis’ inteso propriamente come ‘chi ha in comune dei mūnia (doni)’ cui si contrappone il senso arcaico di immūnis come ‘ingrato’, ovvero ‘chi non rende il beneficio ricevuto’.
Ciò che torna o dovrebbe tornare al centro è il valore dell’‘avec’, del con della co-esistenza (Nancy). Il per-l’altro ove la condivisione raggiunge la sua acme nel momento in cui non solo mi privo del tozzo di pane per darlo ad Altri, ma rispondo al suo appello dicendo: «Me voici!». Di qui il venire alla luce di nozioni centrali quali quelle di autonomia ed eteronomia, di dignità, responsabilità, fiducia. Ma condividere, in una società iperindividualista, agonica e antagonista significa altresì tornare a problematizzare l’«homo homini lupus» di Hobbes, l’«insocievole socievolezza» di Kant, il concetto di contratto sociale inteso come accordo fra gli individui che sta all’origine della società organizzata e dello Stato con la distinzione fondamentale da parte dei contrattualisti tra il patto di unione che dà origine alla vita associata e il patto di soggezione che dà origine alla sovranità. Condividere implica, inoltre, l’esercizio delle virtù, la pratica di una vita buona, il saper ascoltare e il saper prendere sul serio l’altro sia questi la vedova, l’orfano, lo straniero. Del resto, cogliere il linguaggio nel suo «realissimo essere parlato» (Rosenzweig) nell’era in cui vigono, se va bene, le «relazioni di superfice» (Augé), comporta altresì problematizzare il dialogo degli uni con gli altri a più livelli a partire dall’accadimento dell’incontro di due «io sono» di carne e di sangue: dialogo tra amato e amata, tra maestro e allievo, tra genitori e figli, tra generazioni, tra culture. Da questi brevi cenni, si può ben comprendere la vastità di un tema che verrà declinato nel corso dell’edizione 2018 del Festival.
Sullo sfondo resta la sfida dell’utopia dell’educazione, secondo la felice intuizione di Augé, e una convinzione: il fatto che questa manifestazione trovi il suo punto di forza nell’alimentare un bisogno di ordine superiore: la richiesta di strumenti interpretativi attraverso i quali scandagliare le urgenze del nostro tempo a partire da una resistenza culturale che tra attori e spettatori, tra relatori e pubblico diventa reciproca e, dunque, con-divisa.