Dal lungo e grande prato-giardino di Casa Beluschi Fabeni, nel porticato ampio e ospitale, lungo la roggia perimetrata da lumini di festa, a Frontignano di Barbariga, compaiono Achille e Ulisse, i prìncipi di Tolstoj, la filosofia greca e romana, le poesie di Orazio. E il passo poderoso e contadino di Menandro e di Esiodo, a concordare con le parole della dott.ssa Dorina Ferrari e della direttrice dei Filosofi lungo l’Oglio, Francesca Nodari, subito concrete e armoniche, femminilmente, a riannodare i fili della dignità del contado per la testimonianza di una giornata seria e la consegna di un equo testamento morale e materiale. Sera dolce, casa secentesca, pubblico in gran parte femminile, l’altro ieri, per «La dignità degli eroi», poiché la lettura del futuro appartiene maggiormente alla donna e la filosofia è un investimento più valoroso della manovra del ministro Passera.
Lo stesso Ghiselli entra nell’attualità dicendo subito di una meritorazia predicata dagli eroi quando sostengono di agire dignitosamente per la gloria e per la patria e non per un piatto di lenticchie. La dignità, dunque, per gli eroi, è di nuovo immateriale, il sangue consumato e la vita immolata rifulgono nel merito di un esemplare stile di vita, nella differenza di un’unicità di interpretazione per cui Achille vorrebbe tornare dalla morte anche con il patto di diventare servo del più pover’ uomo, mentre altri eroi greci preferiscono la fine predannunziana di un esempio narcisisistico in pasto a se stesso, poco a memoria dei posteri. L’eroe è degno se cura il coraggio, la gloria e conessa la bellezza intesa come dono divino e non pericoloso eccesso di estetismo.
Dunque, Ettore è l’eroe dignitoso che sa di morire e non può tollerare la vergogna del suo popolo se indietreggiasse; ma anche Paride, il bello per eccellenza, è eroe della dignità per la ragione che il suo fascino esteriore è un dono ricevuto dagli dei. Per la dignità greca e pure romana, il benessere dell’eroe deriva dalla reputazione, mentre qualche secolo dopo Socrate introdurrà l’ intimità ontologica dello star bene con se stessi. Mai romani prima esigono la dignità della battaglia e i greci il primato della parola. Entrambe, battaglia e parola, non perdono l’energia nella vita e nella morte. Anche dai nostri camposanti, ricorda Ghiselli, riceviamo cariche di vitalità, spinte a far bene, a essere dignitosi.
In quel momento qualcuno vede nella penombra del grande parco di Casa Beluschi Fabeni, quando gli aerei decollati da Verona si fermano in mezzo al cielo di Frontignano, l’esercito della campagna tornare dalla casa del riposo e sedersi ad ascoltare il plauso alle loro lodi. Quindi,tocca alla purezza della tragedia, alla dignità degli eroi di Sofocle indisponibili al compromesso. E ritorna, da una sorgente funtanì - fontanile di queste parti, un verso di pulizia fisica e morale gestito con beltà dal prof. Ghiselli: beltà etica, invito all’origine liquida del vivere materno e del sopravvivere quotidiano. Prende un verso di Pindaro e lo avvolge nella coda di refe di un palloncino, quindi lo affida alla vita del cielo: «Ottima è l’acqua», ripete. Un invito a risorgere dalla sorgente, ad assetarsi alla purezza, a rinfrescare la secchezza del nostro deserto con l’acqua della madre e dell’infanzia.
Oggi, che è domenica, giorno eccelso per bere l’acqua di Pindaro, ci si incammina, noi tutti amici dei Filosofi lungo l’Oglio, verso Palazzo Torri di Nigoline di Cortefranca. Alle 21.15 saremo seduti ad ascoltare Maria Rita Parsi su «Dignitoso come un bambino ». Non ci troviamo alla fonte originaria dell’ottima acqua di Pindaro?