Il relatore ha messo in evidenza che a causa dei progressi delle scienze sperimentali, la cultura umana, nella nostra epoca, è molto concentrata sul corpo, parte visibile dell’uomo. Gli studi più recenti, in ambito medico, biologico, genetico, fanno intravvedere la possibilità di una vita sempre più lunga, fino ai 120 anni e oltre. Sembra si stia affermando il desiderio dell’immortalità del corpo. Questa prospettiva, però, pone molti interrogativi che la filosofia deve affrontare, perché toccano il nostro essere profondo.
Secondo Donà, per secoli l’Occidente ha seguito l’impostazione platonica in relazione alla natura umana, in base alla quale l’uomo è costituito da due dimensioni, quella del corpo e quella dell’anima. Si tratta di una concezione dualistica, per cui da una parte possiamo cogliere il lato “negativo” del nostro essere, la materia, quindi il male, la morte, la finitezza, la falsità, l’apparenza, mentre, da un’altra parte, vediamo il nostro lato “positivo”, il bene, quindi la vita eterna, la verità.
Nella filosofia moderna, però, tale visione viene messa in discussione. In particolare, Nietzsche afferma che essa è il grande errore dell’Occidente, causa di declino della civiltà e di infelicità. Egli propone, perciò, di tornare alla cultura pre-socratica, al pensiero tragico, in cui corpo e anima non sono solo due realtà distinte, ma esprimono una profonda unità.
Senza dubbio, afferma Donà, Platone ha condizionato tutta la civiltà occidentale. Tuttavia, siamo sicuri che il vero significato del suo pensiero sia quello del dualismo tra corpo e anima? Se andiamo a leggere con attenzione le opere di Platone, ma anche i testi di altri pensatori classici, come Aristotele, Cartesio, tutti accusati di “dualismo”, ci rendiamo conto che questi filosofi non mettono in discussione l’unità della natura umana.
Infatti, cos’è il corpo? Non è una realtà spaziale, fatta di un’interiorità e di un’esteriorità? Cos’è l’anima? Non è la parte interiore di tale realtà? Allora notiamo che esiste un legame profondo: corpo e anima costituiscono una dimensione unitaria. La stessa vita, secondo Donà, essenzialmente, movimento: ciò che vive si muove; ciò che è morto è immobile. Tutto rientra nello spazio e nel tempo, che sono l’alveo della nostra esistenza. Una certa filosofia, per secoli, ha fatto l’errore di porre l’accento solo sull’anima, in chiave dualistica e platonica. La scienza sperimentale, però, secondo Donà, corre il rischio di fare l’errore opposto, quello di consacrare solo il corpo, confermando così il dualismo di Platone.
In effetti, anima e corpo sono la stessa realtà, vista in due facce diverse: esiste una parte interiore dello spazio, che permette il movimento e la vita, che è l’anima; esiste una parte esteriore, visibile, mai identica a sé, legata al divenire, che è il corpo. La nostra natura, così per Donà, rivela una “aporia”, quasi un paradosso, cioè una realtà unitaria, ma che presenta, nello stesso tempo, un mutamento continuo, che, in sé, ha qualcosa di immutabile.
La lettura di Donà è stimolante, sul piano teoretico. Essa, tuttavia, rischia di ridurre tutto il nostro essere allo spazio e al tempo. È vero che la nostra esistenza si svolge nella dimensione spaziale e temporale, ma, proprio in quel paradosso citato prima, possiamo cogliere un quid, che Agostino chiama “Spirito”, che rivela una natura immortale, che va oltre lo spazio e il tempo. Come gran parte della filosofia contemporanea, Donà parla di anima unita al corpo, trascurando quella sfera spirituale, eccedente la corporeità, che connota l’uomo e il suo destino.
Giovanni Formichella La Voce del Popolo, 27 agosto 2010