Gli anziani sono la categoria più debole, ma nella loro fragilità si rispecchia quella dell'intera comunità umana, come ha osservato la direttrice scientifica della rassegna, Francesca Nodari: «Durante la pandemia abbiamo scoperto la fragilità come nostra dimensione costitutiva, quella che ci fa restare umani». È una condizione che richiede cura; ma il Covid ha messo a nudo una situazione di trascuratezza.
«Quando vidi il dramma degli anziani che morivano a migliaia racconta Paglia l'indi- gnazione fu così forte che andai dal ministro della Salute per dire che era uno scandalo insopportabile. I vecchi morivano perché erano stati già scartati in precedenza. Il Covid portava alla luce una contraddizione profonda: la società ci fa vivere 30 armi in più, ma non ci sa mantenere».
Dall'incontro col ministro è scaturita la Commissione per la riforma dell'assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana, presieduta dall'arcivescovo. «Abbiamo scritto una carta dei diritti degli anziani e dei doveri della società. Siamo riusciti a fare approvare una legge votata all'unanimità: prevede il primato della domiciliarità agli anziani, anche con le cure palliativo a casa, e a 80 anni il diritto a una visita biennale di un'équipe di medici, infermieri e assistenti sociali. Ora ci sono però i decreti attuativi da scrivere, una battaglia durissima».
È una battaglia anzitutto culturale, perché «la vecchiaia non è stata pensata. Eppure, la società italiana è composta da un numero enorme di anziani: io ho 78 anni e la mia è la prima generazione di vecchiaia di massa. Siamo 14 milioni, un soggetto culturale, spirituale, politico».
Anche i diretti interessati devono avere «un sussulto di volontà e consapevolezza»: «Dobbiamo crescere nella coscienza della comunità, capire che siamo legati gli uni agli altri. Dare senso a 30 annidi vita da trascorrere in pienezza. C'è un magistero della fragilità che è una grande lezione per tutti: nessuno di noi è inutile, nessuno può essere scartato. La vecchiaia oggi deve avere una nuova vocazione nel mondo: il XXI secolo è quello degli anziani e non possiamo trasformarlo in un secolo di naufragi».
La battaglia appassionata di monsignor Paglia è condotta parlando con tutti. Da un «corpo a corpo» con papa Francesco è nato un ciclo di catechesi sulla vecchiaia. Ai sindacati ha lanciato un rimprovero: «Avete lo sguardo corto, perché pensate solo alla pensione. Serve anche una nuova riflessione per il nostro futuro».
Serve soprattutto un cambiamento di prospettiva: l'assistenza domiciliare deve diventare centrale. «Abbiamo una cultura da trasmettere, la sapienza che ci viene dagli anni. E poi una cosa che le altre generazioni non hanno: la capacità di pensare all'oltre, all'eterno. C'è una dimensione che ci fa comprendere che la vita è relazione, che l'amore è più forte della morte. Ecco perché dobbiamo tornare tutti a morire a casa, circondati dall'affetto dei nostri cari».